Archivi per il mese di: marzo, 2010

Sapevano che era un pedofilo seriale, eppure gli hanno concesso un incontro con papa Wojtyla e il privilegio di dire messa a San Pietro. Il caso di padre Francis ‘Frank’ De Luca, della diocesi di Wilmington, Delaware. Una delle sette diocesi Usa travolte dallo scandalo pedofilia

Trovate qui i nostri ultimi lavori per L’ESPRESSO:

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/pedofilo-seriale/2123761

http://speciali.espresso.repubblica.it//pdf/pedofili.pdf

http://espresso.repubblica.it/dettaglio//2123762/&print=true

Abbiamo passato intere giornate a leggere i documenti dello scandalo dei preti pedofili della diocesi di Wilmington….Solo per darvi un’idea: tra interrogatori, deposizioni, ecc. finora si sono accumulati 22 faldoni, ciascuno di un numero di pagine tra 250 e 300.

Leggere queste carte è choccante: le descrizioni sono di una pena infinita: sentire raccontare gli stupri di ragazzini completamente innocenti, cresciuti in famiglie supercattoliche e così immaturi ( per età ovviamente, e anche per educazione, visto il background molto religioso) , da non avere neppure piena coscienza della sessualità è agghiacciante, come sentire i racconti delle vite tormentate che poi si sono ritrovati a vivere da adulti, esistenze passate tra uno psichiatra e l’altro, tra psicoterapie e psicofarmaci. Il tutto nella speranza di recuperare un pò di normalità… 

 

 

 

Oggi su Repubblica Emilio Randacio riporta la notizia che l’ex assessore della regione Lombardia, Piergianni Prosperini, sarebbe al centro di una nuova bufera giudiziaria: sarebbe stato l’intermediario di un traffico di armi tra l’Italia e l’Eritrea:

http://milano.repubblica.it/cronaca/2010/03/16/news/lombardia_nuove_accuse_a_prosperini_dal_suo_ufficio_gestiva_il_traffico_d_armi-2686198/

questo traffico di armi è stato rivelato per la prima volta da Paolo Biondani, Fabrizio Gatti e Michele Sasso in un’ inchiesta per L’ESPRESSO che trovate qui:

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/milano-asmara-armi-e-tangenti/2120317/

La cosa interessante dell’articolo di Randacio è la notizia che nuovi particolari su Prosperini e l’Eritrea emergerebbero da un’inchiesta che, apparentemente, non c’entra nulla con l’ex assessore lombardo: quella della procura di Milano sul traffico di armi e materiale dual-use verso l’Iran, indagine che ha portato all’arresto del giornalista iraniano dell’IRIB, Hamid Masouminejad, accreditato a Roma e sospettato di essere uno 007 di Teheran, di cui noi abbiamo parlato in questo post:

http://www.stefaniamaurizi.splinder.com/post/22349207/lost+in+Iran

Perché questo collegamento tra le due inchieste e i due paesi ( l’Eritrea e l’Iran) è interessante?

Perché chi conosce gli ultimi rapporti ONU sulla Somalia (quelli dal 2006 al 2010) riesce a capire in qualche modo il collegamento: le armi dell’Eritrea sono la linfa della guerra senza fine in Somalia, in questa guerra succede di tutto, anche scambi di armi dall’Iran alla Somalia: l’Iran avrebbe fornito armamenti ai guerriglieri somali (che andavano a dare una mano ad Hezbollah in Libano) e la Somalia, in cambio, avrebbe lasciato transitare uranio per Teheran.

Tutta roba messa nero su bianco dall’ONU nei suoi report…

 

A dicembre abbiamo rivelato su L’ESPRESSO il caso di alcuni missionari della  Chiesa cattolica che l’ultimo rapporto degli esperti del Consiglio di Sicurezza dell’ ONU accusano di aver supportato la milizia armata più temuta dell’Africa: l’FDLR, le "Forces Démocratiques de Libération du Rwanda", che operano nel martoriato e ricchissimo Congo.

Il nostro articolo per L’ESPRESSO lo trovate qui:

http://www.stefaniamaurizi.it/Inchieste/fdlr.html

il report ONU era classificato come "strictly confidential", il grado più alto di riservatezza per un documento ONU, ma in qualche modo l’abbiamo ottenuto e TUTTO quello che abbiamo riportato nell’articolo per L’ESPRESSO era ed è nero su bianco in quel documento segreto.

Uno dei missionari tirati in ballo nel report ONU è padre Piergiorgio Lanaro, che ci ha appena scritto questa email di replica al nostro articolo:

 

Cara Stefania,

da mesi desideravo conoscere un po’ l’autrice di quella cronaca dall’Africa dei Grandi Laghi (dove sono arrivato la prima volta nel febbraio 67!) dove la mia modesta persona diventa protagonista addirittura di un “Genocidio in nome di Dio”. Accidenti, che affare. E dire che 44 anni come vedi mi sforzo di presentare appunto un Dio di bontà e di fraternità;  in suo nome ho attraversato stagioni di genocidio (tu non conosci i massacri avvenuti in questa regione), ho condiviso l’angoscia dei proscritti, degli oltraggiati.

Cose del passato certo, che reco in cuore, insieme a memorie  di perdono eroico di cui sono stato testimone e, perfino, un po’ autore.

Volevo ricordati che magari un’altra volta potresti informarti su quanto affermi. Vedi, quei due preti che citi, in realtà lo erano solo per il 50%, dato che l’altro, il mio interlocutore, era evidentemente un agente incaricato di compiere indagini, per stanare l’esistenza di questo fantomatico insieme di relazioni e alleanze, volte ad eterizzare la violenza in queste regioni. 

 Ho tutto l’epistolario nel mio PC; non sarà difficile eventualmente fartelo avere. Ammesso che le tue occupazioni ti consentano il tempo di approfondire questo capitolo di storia, dedicato all’esistenza di un gruppo umano, degno del più alto rispetto, e che appunto si definisce con la sigla da te considerata come indicativa di violenza, di genocidio. …

Ma no, Stefania, vorrei fartela conoscere questa gente -beninteso mi riferisco ai gruppi che ho conosciuto direttamente, ma che però si dichiarano partecipi di questo movimento-. Vorrei fartene conoscere la storia vera, quella ignorata dai mass media, perché sai bene che nella nostra civiltà è soltanto la voce più forte quella che si fa intendere: persone in fuga da 15 anni, da 15 anni confrontate alla durezza di un’esistenza ai limiti dell’inumano -dovevi vederle le loro abitazioni, i loro bambini, le loro mamme, le giova ne copie che ho potuto benedire…-  

Ed è stato il mio desiderio di trovare aiuti per questa gente, oggi braccata nuovamente, come 14 anni fa, che ho commesso l’ennesima ingenuità della mia vita. Quante volte sono stato ingannato da persone che mi si presentavano sotto varie forme…Chissà, vorrei proprio un giorno tracciare la cronaca di tutte le volte che sono stato turlupinato. In compenso sai so di non avere mai detto, coscientemente, il falso.

Ripeto, potresti leggere direttamente tutte le cose che il cosiddetto prete mi scriveva, vedresti i suoi tentativi di scoprire, attraverso di me, i referenti e le relazioni della alte autorità FDLR, cose ovviamente sconosciute a me. Vedresti che mai un solo dollaro era chiesto da me per cose di guerra; dfel resto non un solo dollaro è mai stato usato per spese del genere. Prova a guardare non le affermazioni, ma le prove; che, ripeto, sono qui a tua disposizione.

Concludo. Vorrei trovassi il tempo per informarti sull’identità vera dei FDLR, sui loro programmi, le loro azioni; vorrei conoscessi qualcosa di ciò che davvero avviene in Rwanda. Dovresti scoprire un po’ più a fondo la realtà orrenda del genocidio ruandese, che è durato non solo pochi mesi ma lunghi anni, ad opera di tante persone che certo tu non sospetti capaci di questo.  

 Auguri insomma di essere sempre al servizio della verità e dei diritti umani. Stavolta no, Stefania, stavolta hai scritto mettendoti dalla parte dei potenti, dei  massacratori.Ma certo eri in buona fede.

Per questo ti auguro la benedizione del Signore.  Pgl.

 

Tutti sanno che, in Europa, l’Italia è il paese che ha probabilmente il più grande numero di bombe atomiche americane, che sono stoccate nelle basi di Aviano e, forse, di Ghedi, anche se si vocifera da tempo di una rimozione segreta delle atomiche dalla base di Ghedi per ragioni di security.

Ebbene, il 2 marzo l’Agence France Press se ne è uscita con un articolo che raccontava come 5 paesi NATO (Germania, Belgio, Olanda, Norvegia, Lussemburgo) abbiano chiesto ufficialmente agli USA un ripensamento delle strategie che prevedono le armi nucleari tattiche americane sul suolo europeo.

Germania e Belgio sono in prima fila, leggete qui:

http://www.spacewar.com/afp/100302151756.5jlnzo83.html

Colpisce il silenzio assoluto del governo Berlusconi: perché l’Italia non chiede la rimozione delle bombe da Aviano e Ghedi, come hanno fatto Germania, Belgio, e come hanno già ottenuto i tedeschi e i greci?

 Cui prodest la presenza di quelle bombe? Quanto costa mantenerle al paese?

 

Ricordate come il tecnico Giuliani fu trattato per le sue previsioni del terremoto in Abruzzo in base alle emissioni di radon?

In quell’occasione, tutti i tecnici italiani, Enzo Boschi, presidente dell’INGV (Istituto nazionale Geofisica e Vulcanologia)  in prima fila, si stracciarono le vesti per l’affaire Giuliani.

Oggi, a neppure un anno dal terremoto de L’Aquila, l’INGV se ne esce con questo studio:

http://portale.ingv.it/stampa-e-comunicazione/archivio-comunicati-stampa/comunicati-stampa-2010/il-rilascio-di-gas-radon-prima-di-un-sisma-puo-diminuire-o-aumentare/view

"Una scoperta firmata da studiosi dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e dell’Università Roma Tre (PaolaTuccimei, Silvio Mollo, Sergio Vinciguerra,  Mauro Castelluccio, Michele Soligo) ha permesso di isolare i meccanismi fondamentali che determinano la diminuzione e l’aumento del rilascio del gas radon prima di un terremoto", recita il comunicato stampa dell’INGV.

 

 

Petrolio. Enrico Mattei.

Giorni fa eravamo in un bellissimo albergo nel cuore di Roma. Lui un esperto di gas e petrolio. Noi semplici giornalisti, che però hanno un expertise speciale: i traffici strategici.

"Ho visto un documento su Enrico Mattei..:", ci fa l’esperto con il suo sguardo mobile, che manda guizzi e sprizza l’eccitazione di chi butta una bomba e aspetta che quelle macchine da scoop che sono i giornalisti abbocchino.

La nostra curiosità si accende e, ammettiamolo pure, va a mille. Poi, però, ci freddiamo. Siamo stufi di questo paese che guarda sempre al passato.

Enrico Mattei, le sette sorelle. Il mistero dei misteri, certo. Ma noi vogliamo guardare al presente. A quello che i signori dell’oro nero fanno oggi. In Iran, in Libia, in Nigeria, in Congo.

Storie di oligarchi che nel cuore di Londra ricevono amici  a cena con bottiglie di vino da 12mila euro e diamanti al dito grandi come ciliegie.

E’ il presente, l’imperativo. Ahmadinejad contro la cricca di Rafsanjani. L’Iran degli ayatollah. Non quello dello Shah e di Enrico Mattei. E le valvole per le raffinerie, valvole con specifiche delicate, per cui servono garanzie. E’ questo che ci interessa. 

Enrico Mattei e il suo orologio Omega sul braccio ritrovato a pezzi dopo l’esplosione che aveva dilaniato il corpo dell’uomo che trattava i partiti come un taxi. E’ il passato. Affascinante. Intrigante. Ma archeologia.

 

 

Ci scrive un caro lettore che Sara Hosseinpour non è affatto introvabile. "E’ su Facebook",  dice lui. Davvero? Possibile, per carità. Ma dubitiamo che sia davvero la Sara di cui  ci siamo occupati noi, che è una giovane donna finita in una storia più grande di lei. 

La morte del giovane marito è già di per sé una tragedia immensa. La morte in quelle circostanze, completamente oscure, poi, è ancora più spaventosa. Aggiungeteci  la situazione dell’Iran e c’è di che aver paura.

Basta dire una cosa: quando i suoi genitori hanno scoperto che lei aveva risposto alla nostra email ( peraltro una risposta assolutamente innocua la sua, come potete leggere dall’articolo:

http://www.stefaniamaurizi.it/Inchieste/hosseinpour.html  )

l’hanno presa a botte: non doveva parlare con una giornalista occidentale…

 

 

 

Quando si dice mistero…Avete presente il post precedente "Lost in Iran", che potete leggere qui sotto?

Ebbene abbiamo raccontato del giornalista iraniano dell’IRIB, Hamid Masouminejad, accreditato presso la sede della Stampa estera di Roma e arrestato nell’operazione della GdF di Milano che ha permesso di smascherare un traffico di armi e materiale dual use dall’Italia verso l’Iran.

Nel post abbiamo raccontato la nostra esperienza con lui e parlato di  Sara Hosseinpour, la moglie del giovane fisico iraniano morto in circostanze misteriose nel 2007 e secondo i media internazionali eliminato dal Mossad.

Non avevamo più notizie di Sara ed eravamo preoccupate per lei, vista la situazione in Iran.

Esattamente il giorno dopo il nostro post, è magicamente ricomparsa via mail! Dice di stare bene e di studiare

 

Oggi Repubblica riporta la reazione dell’Iran agli arresti della Procura di Milano per l’operazione della Guardia di Finanza milanese che ha scoperto un traffico di armi e materiali dual use con l’Iran, soggetto a ben 3 round di sanzioni ONU per il suo programma nucleare e missilistico:

http://www.repubblica.it/esteri/2010/03/05/news/traffico_d_armi_l_iran_convoca_l_ambasciatore_italiano-2513362/

Gli arresti della GdF di Milano hanno coinvolto anche un importante giornalista iraniano accreditato presso la sede della Stampa estera di Roma: Hamid Masouminejad della televisione di stato iraniana: IRIB. Secondo quanto emerso dall’inchiesta milanese, il giornalista sarebbe uno 007 di Teheran.

Premesso che le eventuali responsabilità di Masouminejad come degli altri arrestati in questa vicenda dovranno essere chiarite dalla magistratura, e che tutti sono innocenti fino a prova contraria, vogliamo raccontare la nostra esperienza con lui, che conosciamo in modo assolutamente marginale.

3 anni fa un giovane fisico iraniano di nome Ardeshir Hosseinpour, è morto in circostanze misteriose. Cervello paurosamente brillante, Hosseinpour è vissuto nell’ombra e morto nel mistero. Secondo grandi media internazionali, che hanno ripreso la versione dell’agenzia di intelligence americana STRATFOR, Hosseinpour è stato eliminato dal Mossad perché collaborava con il regime al programma nucleare iraniano.

La storia ci ha attratto come una calamita fin dall’inizio. E vi spieghiamo perché.

Siamo esperti di faccende che hanno a che fare con le WMD (weapons of mass destruction) e da una decina di anni a questa parte, passiamo parte del nostro tempo incontrando gente che ha lavorato alle armi più immonde mai create su questo pianeta.

Fare colazione con gente che si è messa al servizio dei nazisti o di dittatori spietati, che è vissuta in città segrete, o è stata portata in Vietnam, a creare la barriera elettronica per distruggere il sentiero di Ho Chi Minh, o catapultata alla frontiera con il Messico, di notte, per cercare di capire se fosse possibile creare uno scudo elettronico contro i narcos, è un’esperienza assolutamente intrigante. 

Non ci piace  il mondo dell’intelligence. E’ il regno dell’opacità, della disinformazione, dell’intossicazione. E’ l’antitesi del nostro modo di essere, di quello a cui aspiriamo. Luce, chiarezza, informazione pulita, verità. Non che questa nostra idiosincrasia debba essere un problema per la Repubblica Italiana… ma quello degli 007 è un mondo da cui vogliamo stare alla larga. "E allora perché vai a caccia di quella gente che ha lavorato ad armi mostruose?", ci fa un collega.

Semplice: perché quelli che incontriamo noi sono le menti dei  programmi militari proibiti, programmi indubbiamente immersi nel mondo oscuro degli 007, ma i nostri interlocutori sono pur sempre dei "semplici" tecnici. E i tecnici, si sa,  non hanno mai il controllo del gioco: loro "must stay in tap, not on the top", ovvero, "devono stare a disposizione, non dare disposizioni", come capirono subito gli americani…

Quasi tutti quelli che abbiamo incontrato erano intelletti pazzeschi: menti straordinarie, tipo Freeman Dyson. Raccogliere le loro confessioni, analizzare le loro razionalizzazioni, i loro rimpianti o compiacimenti, cogliere, in alcuni casi, la loro totale disumanità, il loro essere dei mostri impenitenti, ha fissato nella nostra mente impressioni  vividissime.

Chiaro, no? Con un background così, non potevamo stare alla larga dalla storia di Hosseinpour. Ma indagare sul suo caso fu difficilissimo. Cercammo informazioni in lungo e in largo.

Tra le persone che contattammo c’era proprio il corrispondente dall’Italia dell’IRIB: Hamid Masouminejad, che avevamo incontrato per puro caso a una conferenza di Mohammed ElBaradei a Roma. Mai visto e conosciuto prima Masouminejad, ma, nella ricerca disperata di informazioni, provammo a sentire pure lui.  Sapeva qualcosa del caso Hosseinpour? Che si diceva in Iran, a parte quello che scrivevano le ingessatissime agenzie di stato?

Una delle domande che gli ponemmo fu: "aveva una moglie, Hosseinpour?" In Iran, come in tanti paesi dove la religione detta legge, ci si sposa presto. E Ardeshir Hosseinpour era un fisico bellissimo, che, nonostante la giovane età, già insegnava all’università. Un gran figo, diciamolo pure  docente in una facoltà di fisica prestigiosa, piena zeppa di ragazze (la percentuale di studentesse nelle università tecniche iraniane è molto alta).

Notammo subito che, quando il discorso cadde sulla possibile moglie di Hosseinpour, Masouminejad fu molto cauto. Ne aveva una? "Non so, vedo di informarmi". Dal viso cogliemmo una sfumatura di interesse  per la nostra domanda. Quello sguardo intenso e gli occhi che si muovevano rapidamente. Ci sembra ancora di vederli.

Mentre aspettavamo un feedback da Masouminejad, per noi fu facile venire a capo della cosa. Quattro telefonate dall’Italia e scoprimmo che Ardeshir Hosseinpour era sposato con una bella ragazza, Sara, sua studentessa alla facoltà di fisica in cui insegnava.

Qualche giorno dopo il nostro incontro, ci risentimmo al telefono con Masouminejad. "Non sono riuscito a saperlo [della moglie, ndr]".  Non aveva avuto voglia di sbattersi per noi e di mettersi a fare telefonate in Iran? Comprensibile, per carità. Spesso un collega ti chiede qualcosa e tu, che sei immerso nei tuoi casini, non hai voglia di attaccare a telefonare a destra e a sinistra, lasci perdere, dicendo semplicemente: "mi spiace, non sono riuscito a sapere niente".

Comunque, finimmo l’inchiesta, che uscì sul Venerdì di Repubblica, la trovate qui:

http://www.stefaniamaurizi.it/Inchieste/hosseinpour.html

Da allora, Sara è nei nostri pensieri: sta bene? E’ a rischio? Dopo quell’unico contatto via email con lei, Sara è lost in Iran…Non deve parlare e non deve esistere?

 

Un traffico di armi e materiale dual use con l’Iran smantellato dalla Guardia di Finanza di Milano:

Il commento più lucido è quello del bravissimo Guido Olimpio del Corsera, con cui concordiamo al 100%:

 http://www.corriere.it/cronache/10_marzo_03/olimpio-servizi-segreti-iraniani_ac4ed1a2-26ca-11df-b168-00144f02aabe.shtml?fr=correlati

Non conosciamo ancora i dettagli dell’operazione della GdF, ma l’impressione è che la mazzata italiana sia in qualche modo collegata a operazioni importanti condotte negli USA, in Inghilterra, in Germania e in Malesia…Vi faremo sapere…

Non concordiamo, invece, con il commento di Vincenzo Nigro di Repubblica, di tutt’altro segno rispetto a quello di Olimpio:

http://nigro.blogautore.repubblica.it/?ref=hpblog

Mentre Guido Olimpio dice, in sostanza, che era ora che dall’Italia arrivasse un segnale di fermezza verso la rete iraniana, che, finora, nel Belpaese ha sempre fatto quello che voleva (e l’Italia ha lasciato fare semplicemente per incassare soldi e contratti), Vincenzo Nigro intona un vecchio ritornello:

"In altri casi però",  scrive Nigro, "anche in Italia, giornalisti o funzionari vari che facevano un secondo lavoro non venivano arrestati, ma semplicemente presi in consegna dai servizi di sicurezza nazionali che li facevano rientrare in patria per interrompere la loro attività criminale".

E ancora: "la scelta dell’arresto espone gli italiani nel Medio Oriente a rischi assai seri, che qualcuno a Roma o Milano dovrebbe valutare per poi metterli in relazione ai presunti crimini che hanno portato all’arresto di Hamid Masoumi".

Personalmente, siamo dalla parte della procura di Milano, quella che ha avuto il coraggio di bastonare la CIA e il SISMI per il caso Abu Omar, dando un segnale che ha fatto rumore in tutto il mondo.

I traffici iraniani, come dice Olimpio, sono stati tollerati per tantissimo tempo. L’impunità per chi traffica materiale dual use è totale. Una situazione gravissima e inaccettabile, perché il materiale dual use spesso serve a mettere a punto arsenali capaci di sterminare milioni  di persone: gli arsenali WMD (weapons of mass destruction) .

Altro che spacciare droga o trafficare in esseri umani: l’impunità dei trafficanti di morte è assoluta e chi viene beccato, 99 volte su 100,  baratta la pena con marchette immonde ai servizi segreti di mezzo mondo. Marchette. Non scambi nobili ispirati dalla ragione di stato o dalla sicurezza nazionale.   MARCHETTE E TRAFFICI VILISSIMI…della peggiore specie…