Oggi Repubblica riporta la reazione dell’Iran agli arresti della Procura di Milano per l’operazione della Guardia di Finanza milanese che ha scoperto un traffico di armi e materiali dual use con l’Iran, soggetto a ben 3 round di sanzioni ONU per il suo programma nucleare e missilistico:
http://www.repubblica.it/esteri/2010/03/05/news/traffico_d_armi_l_iran_convoca_l_ambasciatore_italiano-2513362/
Gli arresti della GdF di Milano hanno coinvolto anche un importante giornalista iraniano accreditato presso la sede della Stampa estera di Roma: Hamid Masouminejad della televisione di stato iraniana: IRIB. Secondo quanto emerso dall’inchiesta milanese, il giornalista sarebbe uno 007 di Teheran.
Premesso che le eventuali responsabilità di Masouminejad come degli altri arrestati in questa vicenda dovranno essere chiarite dalla magistratura, e che tutti sono innocenti fino a prova contraria, vogliamo raccontare la nostra esperienza con lui, che conosciamo in modo assolutamente marginale.
3 anni fa un giovane fisico iraniano di nome Ardeshir Hosseinpour, è morto in circostanze misteriose. Cervello paurosamente brillante, Hosseinpour è vissuto nell’ombra e morto nel mistero. Secondo grandi media internazionali, che hanno ripreso la versione dell’agenzia di intelligence americana STRATFOR, Hosseinpour è stato eliminato dal Mossad perché collaborava con il regime al programma nucleare iraniano.
La storia ci ha attratto come una calamita fin dall’inizio. E vi spieghiamo perché.
Siamo esperti di faccende che hanno a che fare con le WMD (weapons of mass destruction) e da una decina di anni a questa parte, passiamo parte del nostro tempo incontrando gente che ha lavorato alle armi più immonde mai create su questo pianeta.
Fare colazione con gente che si è messa al servizio dei nazisti o di dittatori spietati, che è vissuta in città segrete, o è stata portata in Vietnam, a creare la barriera elettronica per distruggere il sentiero di Ho Chi Minh, o catapultata alla frontiera con il Messico, di notte, per cercare di capire se fosse possibile creare uno scudo elettronico contro i narcos, è un’esperienza assolutamente intrigante.
Non ci piace il mondo dell’intelligence. E’ il regno dell’opacità, della disinformazione, dell’intossicazione. E’ l’antitesi del nostro modo di essere, di quello a cui aspiriamo. Luce, chiarezza, informazione pulita, verità. Non che questa nostra idiosincrasia debba essere un problema per la Repubblica Italiana… ma quello degli 007 è un mondo da cui vogliamo stare alla larga. "E allora perché vai a caccia di quella gente che ha lavorato ad armi mostruose?", ci fa un collega.
Semplice: perché quelli che incontriamo noi sono le menti dei programmi militari proibiti, programmi indubbiamente immersi nel mondo oscuro degli 007, ma i nostri interlocutori sono pur sempre dei "semplici" tecnici. E i tecnici, si sa, non hanno mai il controllo del gioco: loro "must stay in tap, not on the top", ovvero, "devono stare a disposizione, non dare disposizioni", come capirono subito gli americani…
Quasi tutti quelli che abbiamo incontrato erano intelletti pazzeschi: menti straordinarie, tipo Freeman Dyson. Raccogliere le loro confessioni, analizzare le loro razionalizzazioni, i loro rimpianti o compiacimenti, cogliere, in alcuni casi, la loro totale disumanità, il loro essere dei mostri impenitenti, ha fissato nella nostra mente impressioni vividissime.
Chiaro, no? Con un background così, non potevamo stare alla larga dalla storia di Hosseinpour. Ma indagare sul suo caso fu difficilissimo. Cercammo informazioni in lungo e in largo.
Tra le persone che contattammo c’era proprio il corrispondente dall’Italia dell’IRIB: Hamid Masouminejad, che avevamo incontrato per puro caso a una conferenza di Mohammed ElBaradei a Roma. Mai visto e conosciuto prima Masouminejad, ma, nella ricerca disperata di informazioni, provammo a sentire pure lui. Sapeva qualcosa del caso Hosseinpour? Che si diceva in Iran, a parte quello che scrivevano le ingessatissime agenzie di stato?
Una delle domande che gli ponemmo fu: "aveva una moglie, Hosseinpour?" In Iran, come in tanti paesi dove la religione detta legge, ci si sposa presto. E Ardeshir Hosseinpour era un fisico bellissimo, che, nonostante la giovane età, già insegnava all’università. Un gran figo, diciamolo pure docente in una facoltà di fisica prestigiosa, piena zeppa di ragazze (la percentuale di studentesse nelle università tecniche iraniane è molto alta).
Notammo subito che, quando il discorso cadde sulla possibile moglie di Hosseinpour, Masouminejad fu molto cauto. Ne aveva una? "Non so, vedo di informarmi". Dal viso cogliemmo una sfumatura di interesse per la nostra domanda. Quello sguardo intenso e gli occhi che si muovevano rapidamente. Ci sembra ancora di vederli.
Mentre aspettavamo un feedback da Masouminejad, per noi fu facile venire a capo della cosa. Quattro telefonate dall’Italia e scoprimmo che Ardeshir Hosseinpour era sposato con una bella ragazza, Sara, sua studentessa alla facoltà di fisica in cui insegnava.
Qualche giorno dopo il nostro incontro, ci risentimmo al telefono con Masouminejad. "Non sono riuscito a saperlo [della moglie, ndr]". Non aveva avuto voglia di sbattersi per noi e di mettersi a fare telefonate in Iran? Comprensibile, per carità. Spesso un collega ti chiede qualcosa e tu, che sei immerso nei tuoi casini, non hai voglia di attaccare a telefonare a destra e a sinistra, lasci perdere, dicendo semplicemente: "mi spiace, non sono riuscito a sapere niente".
Comunque, finimmo l’inchiesta, che uscì sul Venerdì di Repubblica, la trovate qui:
http://www.stefaniamaurizi.it/Inchieste/hosseinpour.html
Da allora, Sara è nei nostri pensieri: sta bene? E’ a rischio? Dopo quell’unico contatto via email con lei, Sara è lost in Iran…Non deve parlare e non deve esistere?