Abbiamo letto con amarezza l'articolo del direttore del New York Times, Bill Keller, su Julian Assange e Wikileaks:
http://www.nytimes.com/2011/01/30/magazine/30Wikileaks-t.html?_r=1
Vi abbiamo raccontato fino alla noia che seguiamo Wikileaks dal 2008, quando nessuno, a parte i reporter del Guardian, se li filavano.
In questi 3 anni, abbiamo visto Wikileaks crescere mostruosamente e la cosa ci ha fatto piacere, perché avevamo intuito subito il potenziale della banda.
Dal luglio scorso, quando è partita la pubblicazione degli Afghan War Logs, Assange e Wikileaks hanno regalato scoop micidiali ai grandi giornali del mondo. Quando il Guardian ha iniziato la pubblicazione dei cables diplomatici, ha sbancato: in un giorno ha registrato 4 milioni di accessi unici al suo sito.
A tutti Julian e i suoi non hanno chiesto niente per avere accesso ai documenti. Possiamo testimoniarlo personalmente, perché abbiamo vissuto questa esperienza in prima persona: per L'ESPRESSO abbiamo ottenuto 15mila documenti sull'Afghanistan senza che ci fosse chiesto un solo dollaro.
Oggi, però, i grandi giornali, come il New York Times, girano le spalle a Julian Assange e lo umiliano sul piano personale.
Nel pezzo del Times, c'è una presa in giro esplicita di Julian, che vive come un vagabondo allucinato dalla sua paranoia. Lo zaino sempre in spalla, pieno di quattro stracci e un numero spropositato di calzini.
Il Times racconta anche con irritazione della paranoia di Assange. Riferisce le tante accuse di arroganza che vengono mosse contro Julian. Ridicolizza la convinzione di Julian di essere nel mirino degli americani, del Pentagono. RIdicolizza il modo in cui si muoveva quando viveva underground: qualcosa che abbiamo visto coi nostri occhi, perché ad oggi siamo l'unico giornalista italiano che l'ha incontrato quando viveva in clandestinità.
Condividiamo completamente il desiderio di indipendenza di un grande giornale: Julian è solo una "fonte" (come scrive il Times, negando che Wikileaks sia un partner del prestigioso quotidiano), e il Times è libero di vivisezionarlo, criticarlo e sputtanarlo quanto vuole, senza alcun riguardo per il fatto che Wikileaks abbia fornito al giornale alcuni degli scoop più micidiali della sua storia. E' giusto così.
C'è un però. Assange e il suo staff rischiano in prima persona: sono cani sciolti, sovversivi senza santi in Paradiso.
Non si parano il culo frequentando i circoli esclusivi di Washington.
Non cercano protezione consultando il Pentagono o la Casa Bianca prima di pubblicare i documenti di Wikileaks .
Non hanno gli stipendi milionari del management del New York Times e allora c'è poco da sguazzare in ristoranti five stars e in luxury goods che piacciono ai gentlemen di mondo: Julian Assange e i suoi sono dei sovversivi, degli anarchici, dei libertari. Vengono da famiglie normali, se non povere, ma intellettualmente dotate.
Vivono con lo zaino in spalla, pieno di quattro stracci. Vestono e mangiano come capita. Ma sono brillanti e coraggiosi: hanno messo a fuoco il mondo. Scatenato una rivoluzione.
E' davvero arrogante Julian Assange?
Secondo noi, no. E' intellettualmente MOLTO dotato e viene dal mondo degli hacker: gente che vive attaccata a un computer giorno e notte, mangia e dorme in modo disordinato, ha rapporti sociali ancora più disordinati, incostanti, problematici. A volte Assange può avere atteggiamenti che lasciano perplesse le persone con cui si relaziona, poi però viene fuori la sua grande intelligenza e, se sapete scavare, anche la sua fragilità.
E' paranoico? Sì, indubbiamente lo è. Ve l'abbiamo raccontato: per incontrarlo in clandestinità, abbiamo dovuto accettare una trafila da film della saga Jason Bourne. Ma insomma voi non lo sareste?
Ieri il Pentagono l'ha confermato ancora: stiamo lavorando duro per mettere in piedi un caso contro Assange:
Leggete con i vostri occhi le dichiarazioni del portavoce del Pentagono:
http://www.defense.gov/transcripts/transcript.aspx?transcriptid=4758
Julian Assange e i suoi sono nel mirino: li faranno a pezzi.