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Nel nostro blog puntiamo a dare un'informazione più precisa e attendibile possibile:

l'Interpol, che ha emesso il red notice per Julian Assange nel dicembre 2010, ha prima emesso un orange notice per Gheddafi:

http://www.alarabiya.net/articles/2011/03/04/140202.html

e successivamente un red notice:

 

 

http://english.aljazeera.net/news/africa/2011/09/20119994950393343.html

 

 

Sono giorni che volevamo segnalarvelo.

Da non perdere:

http://www.guardian.co.uk/technology/2011/mar/16/skype-security-weaknesses-vulnerable

Silvio Berlusconi? «Le sue frequenti gaffe e la povera scelta di parole hanno offeso praticamente tutte le categorie di cittadini italiani e molti leader europei… Ha danneggiato l'immagine del Paese in Europa e creato un tono comico alla reputazione italiana in molti settori del governo statunitense».

Trovate su L'ESPRESSO il lavoro nostro e del collega Gianluca Di Feo:.

L'articolo è il primo di una lunga serie tratta dai 4180 cablo diplomatici sull'Italia che noi abbiamo ottenuto per L'ESPRESSO in uno dei nostri incontri alla Jason Bourne con Wikileaks:

L'articolo:

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/berlusconi-pagliaccio-agisce-solo-nel-suo-interesse/2144913

Il nostro nuovo incontro con i pirati di Julian Assange:

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/nella-tana-di-wikileaks/2144932

In attesa della pubblicazione dei cablo di Wikileaks su L'ESPRESSO, possiamo raccontarvi alcuni retroscena.

Dalla fine del 2008, quando abbiamo cominciato a frequentarli, abbiamo capito immediatamente che tipo di potenzialità avevano.

Non eravamo mimimamente sicuri che sarebbero rimasti uniti e con la testa attaccata al collo per lungo tempo… ma abbiamo scommesso subito che avrebbero potuto fare grandi cose.

E' stato così.

Eravamo quattro gatti all'inizio: quattro giornalisti che si prendevano l'esaurimento nervoso per contattarli. Era da non sapere dove sbattere la testa chiamare cellulari che esistevano per qualche settimana e poi niente più.

Le difficoltà sono mitiche: ormai ci ridiamo 🙂

Oggi tutto il mondo sta dietro a Wikileaks. E noi continueremo a collaborare con loro fino a quando crederemo nella bontà del loro lavoro. Per oggi, è così. Se poi vedremo cose che non ci piaceranno, cambieremo. Non siamo al servizio di nessuno.

Oggi Wikileaks è una rivoluzione.

E ne abbiamo già parlato: la prova provata siamo proprio noi italiani, una democrazia in gravissima crisi, dove non esiste nemmeno l'ombra di uno strumento di trasparenza e verità come il Freedom of Information Act (FOIA) in America.

Piazza Fontana, Piazza della Loggia, Ustica, Bologna.

40 anni dopo le stragi che hanno fatto a pezzi centinaia di italiani e cambiato il destino del Paese non c'è una risposta.

Miliardi buttati al vento per indagini, processi, commissioni di inchiesta, che non hanno portato assolutamente a niente.

Al processo di Piazza della Loggia, i parenti delle vittime piangevano a dirotto, dopo aver assistito all'ennesima bancarotta della nostra democrazia. Impotenti, beffati, soli. 

DEMOCRACY, MY ASS ! Direbbe Julian Assange

Lunga vita a Wikileaks! E' illegale far filtrare documenti segreti? Arrestateci tutti.  Noi continueremo così. Guarderemo all'America e alle sue intelligenze più liberal, che usano la rete per promuovere la democrazia, la trasparenza, i diritti umani e civili. Tutta gente che ruota intorno a Wikileaks ed è pronta a sfidare leggi come il Patriot Act, la sorveglianza elettronica, il controllo dell'informazione da parte delle oligarchie economiche e militari.

 

 

Pronti?

Da domani L'ESPRESSO inizierà la pubblicazione dei cable di WIKILEAKS sull'Italia

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/wikileaks-su-lespresso-i-nuovi-cablo-sullitalia/2144855

Li abbiamo ottenuti noi per L'ESPRESSO in uno dei nostri incontri con la banda di Julian Assange.
 

Vi racconteremo…


 

Chi segue questo blog sa quanto non amiamo scrivere in prima persona. Quanto ci piace vivere beati nell'anonimato rassicurante delle metropoli che rendono invisibili. Quanto negli anni questa fissa, sia diventata una paranoia, al punto che diventiamo nervosi quando, in qualche angolo della città, notiamo una telecamera.


Oggi, però, vogliamo raccontare qualcosa di noi.


Un pomeriggio di 3 anni fa mi chiama un amico che non sentivo da due anni. Appena vedo il numero, rimango piacevolmente sorpresa  perché l'amico è in un giro di contatti interessanti e l'ultima volta che si era fatto vivo mi aveva catapultato in una storia incredibile: un incontro ad altissimo tasso di adrenalina.

Due ore dopo quel rendez vous, ne parlavo con il rampollo di un'importante famiglia tedesca: sempre sull'altare, dal nazismo alla democrazia. Improvvisamente, lo sguardo del rampollo si fece interrogativo: "come hai avuto quel numero di telefono?", mi chiese riferendosi all'incontro e passandomi allo scanner con quegli occhi di un azzurro  chiaro inquietante. "Hai qualche amico spione?"

Il solo fatto di essere associata a un mondo con cui NON voglio avere a che spartire, com'è quello dell' intelligence, mi spinge a raccontargli di me. 

E' stata una laurea in matematica a portarmi a contatto con persone con giri di questo tipo.

Negli anni, ho visto gente bravissima finire a lavorare per i militari. Gente di grande talento: li compravano con le borse Nato, o con scuole estive in posti bellissimi. In una parola: opportunità. E' quello che vuoi quando hai 20 anni e sei brillante.

Loro diventavano misteriosi, improvvisamente non parlavano più di quello che facevano. Not in my name, mi dissi. Io presi una strada diversa.

Non disprezzo i militari, ma siamo nemici. Mai con i militari. Non collaborerò mai con nessuno che costruisce cose che ammazzano, fanno a pezzi, spiano, incastrano. Lo so: le stesse cose che uccidono possono anche salvare vite umane. E le stesse diavolerie che servono per spiare una persona perbene o un dissidente eroico di un regime spietato, servono anche per incastrare il mafioso, sanguinario. La cronaca giudiziaria di Palermo gronda di questi retroscena.

Però, io non ho mai voluto avere a che fare con quelle diavolerie. Non contribuirò mai a realizzarle per nessuna ragione,  non scriverò mai un'equazione o un programma per farlo. Così decisi tanto tempo fa. Così la penso ancora oggi che faccio un altro mestiere: quello del giornalista. Sono stata e sono ancora un disertore dell'intelletto. Un disobbediente.

Negli anni, la disobbedienza intellettuale mi ha portato a contatto con tanti disertori del mio tipo: alcuni di altissimo livello. Stratosferico. Informatici che non vogliono saperne di scrivere programmi per lanciare missili, fisici che sono stufi di studiare le parabole del lancio dei proiettili, crittografi che non useranno mai la loro crittografia per usi militari.

Un pomeriggio di 3 anni fa uno di loro mi chiama: "C''è questa cosa", mi fa l'amico. "Si chiama Wikileaks. Non so che combineranno davvero questi, ma penso che la cosa potrebbe interessarti".

Tre anni dopo, tutto il mondo sta dietro a quello "che combinano" i pirati di Julian Assange.
 

Julian Assange è appena stato arrestato.
 

Ripetiamo quello che abbiamo scritto il 19 novembre scorso su questo blog:

http://stefaniamaurizi.splinder.com/post/23625328/difendere-julian-assange-e-wikileaks-2

Non riusciamo a credere alle accuse di stupro contro Julian Assange.

Per rispetto verso le due donne che si dicono vittime della violenza, prendiamo atto delle loro denunce e quindi aspettiamo il risultato dell'inchiesta, ma ribadiamo che non ce lo vediamo proprio Assange che stupra una donna.

Seguiamo WIKILEAKS praticamente da quando è nata, sappiamo che Julian è l'anima di WIKILEAKS.

Quando lo abbiamo incontrato per L'ESPRESSO, è venuto fuori il discorso di Berlusconi e i suoi sex scandals che hanno fatto il giro del mondo.

Uno dei membri di Wikileaks presente all'incontro rideva del nostro premier arrapato e dello sputtanamento mondiale di escort, ecc.  

Julian era evidentemente in imbarazzo: non ha fatto un solo commento machista o ammiccante e volgare. Subito dopo ci ha chiesto: com'è essere una donna in Italia e com'è essere una giornalista in un ambiente maschile e in un paese come l'Italia?

 

Mentre in Italia la casta vive il suo ennesimo psicodramma a base di escort e ministre veline, il mondo va avanti.

Ieri, per esempio WIKILEAKS ha annunciato che nei prossimi mesi rilascerà MILIONI di files che cambieranno la storia: si parla di qualcosa come 3 milioni di documenti segreti…ed è significativo che l'associazione, nota per la sua riservatezza, si sia sbilanciata così tanto, preannunciando via Twitter il colpaccio: forse temono le conseguenze e vogliono mettersi sotto i riflettori prima di finire in qualche prigione segreta della CIA?

Ma c'è un'altra novità eccezionale: ieri vi abbiamo raccontato il mistero di STUXNET:

http://stefaniamaurizi.splinder.com/post/23644894/il-mistero-stuxnet

Ieri è uscito anche il nuovo rapporto dell'IAEA (l'Agenzia internazionale per l'energia atomica) sull'Iran. Ebbene, nel rapporto si parla di un misterioso e inspiegabile blocco delle centrifughe di arricchimento dell'uranio a Natanz: l'impianto si è fermato per una settimana proprio a novembre, quando hanno cominciato a circolare le voci su STUXNET.

Un esperto del livello di David Albright (l'ex ispettore dell'IAEA che ha creato un think tank indipendente sulla proliferazione nucleare che cercò di far ragionare la giornalista del New York Times Judith Miller, prima che questa pubblicasse le cazzate che fecero scoppiare la guerra in Iraq nel 2003) avanza l'ipotesi che il blocco dell'impianto di Natanz sia stato causato da STUXNET.

E se lo dice Albright, c'è da credergli.

 

Come sempre, ne siamo consapevoli: il paese è alla canna del gas e tanta gente non sa come arrivare a fine mese. Puttane e puttanieri hanno in ostaggio il futuro di questo paese.

In questo quadro, parlare di STUXNET può sembrare come occuparsi della supercazzola. Eppure qualcuno deve farlo,perché STUXNET è una faccenda deadly serious.

Per la stampa, STUXNET è un virus informatico. In realtà, è molto di più: è una vera e propria arma informatica capace di sabotare solo ed esclusivamente alcune strutture. Insomma, un'arma molto selettiva, almeno per quello che se ne sa finora. Ed è importante sottolineare che, ad oggi, STUXNET è avvolto nel mistero.

Come al solito, il guru della sicurezza informatica, Bruce Schneier, ne ha fatto un'ottima analisi per Forbes:

http://www.forbes.com/2010/10/06/iran-nuclear-computer-technology-security-stuxnet-worm.html

In sintesi:

1) STUXNET è un virus che colpisce Windows e si propaga essenzialmente attraverso le chiavette USB, riuscendo così a colpire anche unità che, per la delicatezza della loro funzione, non vengono messe online per non subire attacchi.

2) STUXNET non rovina indiscriminatamente i computer infettati, perché il suo obiettivo non è distruggere sistematicamente i computer, come fanno gli altri virus. L'obiettivo è colpire solo ed esclusivamente alcuni tipi di PLC (controllore logico programmabile), un'unità informatica che controlla i processi industriali di strutture complesse tipo gli impianti petroliferi, le raffinerie, le centrali nucleari, ecc.

3) STUXNET ha richiesto una grossa mole di lavoro per essere creato, chi l'ha "costruito" ha fatto attenzione a eliminare le tracce che potessero ricondurre al creatore, ma ha lasciato due dati che puntano l'indice verso Israele: perché? Una firma? O un tentativo di depistaggio per far ricadere la colpa su Israele?

Qualche giorno fa, David Albright ha raccontato che la 'Symantec Corporation' ha pubblicato un'analisi di STUXNET. E quello che viene fuori è estremamente interessante: il virus è così selettivo che punta a colpire i sistemi automatici che controllano delle componenti elettroniche speciali, che si chiamano "convertitori di frequenza", ma non tutti i convertitori: solo quelli costruiti da due aziende: la Fararo Paya di Teheran  e la finlandese Vacon.

Basta quest'ultima informazione per concludere inequivocabilmente che l'obiettivo di STUXNET siano le centrifughe del programma nucleare iraniano? Secondo un esperto del livello di Albright, no. Non basta,  per due motivi: innanzitutto nessuno sa con certezza se gli iraniani per le loro centrifughe usino realmente quelle due componenti, poi quei convertitori si trovano in diversi tipi di impianti (e non solo nucleari) in giro per tutto il mondo. Quindi non è detto che il vero obiettivo di STUXNET sia il nucleare iraniano. Ma, ovviamente, non è escluso ed anzi è molto probabile.

Il mistero STUXNET, dunque, va avanti. Per capirlo, bisogna conoscere alcune cose.

Per esempio: nel 1945 gli alleati rischiarono tantissimo per sabotare l'impianto  norvegese della Norsk Hydro per la produzione di acqua pesante. L'impianto serviva ai nazisti (che avevano occupato la Norvegia) per ottenere l'acqua pesante: un componente chimico necessario per far funzionare un reattore nucleare capace di produrre plutonio.

Per sabotare quell'impianto, gli alleati dovettero paracadutare sul posto una squadra di agenti segreti sabotatori: operazione pericolosissima, che costò tanto in termini di vite e risorse economiche. Il rischio che i sabotatori cadessero nelle mani del nemico, regalando così preziose informazioni di intelligence, era altissimo.

Oggi i sabotaggi si fanno da una scrivania: si crea un virus, lo si lancia da un continente lontanissimo ed è fatta. Non serve alcuna squadra dell'intelligence che vada sul posto a sabotare la centrale: bastano i bit.
 

La portata di questo fatto è enorme: la RETE è stata creata dalla DARPA, il Dipartimento della Ricerca e dello Sviluppo del Pentagono. E' stata creata con obiettivo: avere un sistema di comunicazione così efficace e resistente che potesse assicurare le comunicazioni militari in qualsiasi condizione, anche in caso di un evento da Armageddon, come la guerra nucleare.

Da sempre il cyberspazio, dunque, è in mano ai militari, anche se esistono isole civili e pirati (come WIKILEAKS) che sfuggono ai militari (sarà un caso che il primo a parlarci di STUXNET sia stato Julian Assange? Evidentemente, nella comunità hacker circolavano notizie in anteprima) .

Con STUXNET ha inizio la weaponisation del cyberspazio: siamo oltre la militarizzazione, siamo alla weaponizzazione, ovvero all'inserimento di armi nel cyberspazio. E' esattamente quello che è successo con lo spazio: prima lo hanno militarizzato, mettendo in orbita i satelliti militari, poi hanno puntato alla weaponisation, cercando di mettere in orbita vere e proprie armi, come il laser a raggi X che voleva costruire Edward Teller per le sue Star Wars, fortunatamente abortite…

Dopo lo spazio, dunque, tocca alla Rete: siete pronti  per le armi  2.0?


 

Per qualcuno è una battaglia di nicchia, un cruccio da tecnofan. Eppure, per chi capisce in che direzione viaggia il futuro in tutto il resto del mondo, quella del WI FI è una questione che deciderà come comunicheranno gli italiani e come si informeranno.

In tema di internet security, uno dei più autorevoli esperti sulla piazza mondiale è l'americano Bruce Schneier (www.schneier.com) : grande esperto di crittografia, ex consulente della Casa Bianca e attuale capo della sicurezza tecnologica del colosso BT (proprietario di British Telecommunications), Schneier è stato ribattezzato dell'Economist come 'il guru della sicurezza informatica', al punto che la sua fama ha travalicato il circolo degli addetti ai lavori ed è stato citato perfino nel libro di Dan Brown, 'Il Codice Da Vinci'. 

Trovate qui il nostro ultimo articolo per L'ESPRESSO:

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/wi-fi-maroni-e-fuori-strada/2138103