Archivi per il mese di: luglio, 2010

 

Ci sono gli esseri umani normali, che marciscono nelle prigioni italiane:

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/bomba-carceri/2124777

e ci sono i gentiluomini di Sua Santità:

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/ecco-il-detenuto-balducci/2131660

 

Nel caldo torrido. Nel cuore di Roma. Scorci  mozzafiato e anima putrida.

Il tecnocrate è al tavolo con la giornalista. Passa un vecchio rincoglionito della Prima Repubblica: un’impeccabile giacca e cravatta scura. Sarà già imbalsamato che non sente i 40 gradi di temperatura?

Il tecnocrate lo saluta calorosamente. Attaccano a parlare di quali poltrone sarà necessario spartire con il ritorno al nucleare dell’Italia. Il tecnocrate sembra un po’ titubante di fronte all’incontinenza verbale del rincoglionito: c’è una giornalista che ascolta, ma il rincoglionito non lo sa e, del resto, i pannoloni per la bocca non l’hanno ancora inventati…

Chiacchiere e millanterie? Boh… Una cosa è certa: tanto sottopotere e, poi, una conversazione che sprofonda sempre più in basso. Basso impero e basso ventre: ora siamo al chi si scopa chi.

L’aspetto scopereccio sembra eccitare il tecnocrate, che ora ha uno sguardo vivo: sembra un lucertolone vigile, attentissimo.

La giornalista osserva i due esponenti della razza umana con distacco. Li studia come l’entomologo fa con gli insetti. Ma fa fatica a dominarsi e a mantenersi distaccata e oggettiva, come un registratore che registri una conversazione qualsiasi.

Non ha le carte, la giornalista. Ma le cercherà. Le troverà. Racconterà.

Come sapete, le identità dei membri di WIKILEAKS non sono note. Si conoscono solo due nomi: quello del fondatore, Julian Assange, e quello di uno strettissimo collaboratore di Assange: Daniel Schmitt.

Qui vi riproponiamo una nostra intervista a Daniel Schmitt in versione integrale:  

DANIEL SCHMITT, INTERVISTA DEL 6 APRILE 2010 di Stefania Maurizi

Hello Daniel! This is Stefania.

Hello!

Il sito Wikileaks è ripartito dopo la pausa?

No, stiamo rilasciando materiale importante di continuo, ma Wikileaks non è ancora tornato a operare regolarmente

Puoi presentarti ai nostri lettori?

Sono Daniel Schmitt, uno dei giornalisti di Wikileaks, nonché loro portavoce.

Quando hai cominciato a lavorare per loro?

Verso la fine del 2007.

Come è nata Wikileaks?

L’idea è venuta  a più persone insieme. C’erano tanti giornalisti che avevano molto materiale, volevano pubblicarlo, ma non c’era un sistema per farlo. E non c’erano sistemi per proteggere questa gente in alcune parti del mondo, perché la libertà di stampa è sempre più compromessa. Così è nata Wikileaks.

Voi di Wikileaks incoraggiate a inviarvi documenti in formato elettronico. Come potete essere sicuri che in questo modo proteggete l’anonimato delle vostre fonti?

Usiamo molte soluzioni. Dipende da quello che la fonte vuole fare.

Se la fonte è seduta a casa e carica sul nostro dito dei documenti dal suo computer, allora questo può anche essere problematico se la polizia o l’azienda che si vuole esporre sta intercettando le sue comunicazioni.

Però abbiamo un sistema di cifratura tale che chi lo sta spiando può vedere che sta inviando files a Wikileaks, ma non ne può leggere il contenuto perché è criptato.

Non solo: abbiamo costruito il sito in modo tale che chiunque lo visita, trasmette dati a Wikileaks e questo sovraccarico di dati inviati serve a nascondere chi effettivamente sta inviando un documento delicato. E’ una tecnica che permette di nascondere con un traffico di copertura chi invia materiale delicato, che si perde nelle tonnellate di dati che ogni minuto arrivano al sito. Quindi nessuno può acquisire la prova legale del fatto che tu abbia inviato quel file delicato: può avere la prova che sei andato sul sito, ma non che hai inviato materiale compromettente.

Quindi i documenti che ricevete sono completamente anonimi? Neppure voi di Wikileaks riuscite a risalire a chi ve li ha inviati?

Assolutamente, le nostre connessioni li rendono anonimi ed eliminano tutti i metadati, che sono quei dati elettronici che possono far risalire a informazioni del tipo: chi ha lavorato per ultimo a un certo file elettronico, chi l’ha modificato per ultimo e così via.

Se, però, guardiamo ad alcuni documenti che avete fatto filtrare c’è di che mettersi le mani nei capelli. Voglio dire: prendiamo il documento sulle procedure di Guantanamo. Posso immaginare che agenzie come la CIA o la NSA siano state create in modo tale da avere tutti gli strumenti tecnici possibili per impedirne la diffusione. Come potete essere certi che il vostro sistema  è in grado di proteggere al 100% chi fa filtrare certi file?

Prima di tutto bisogna dire una cosa: agenzie come la CIA o la NSA non hanno tutti i mezzi, come dici tu. L’unico modo in cui potrebbero rendere questi documenti assolutamente protetti è attraverso un sistema di questo tipo: nascondono nel documento un numero di serie o una parola che permetta di identificare in modo assolutamente univoco la persona che è in possesso di quel documento.

Faccio un esempio: creo un documento segreto in 100 copie, ciascuna delle quali viene distribuita a 100 funzionari della CIA. Le 100 copie coincidono in tutto, tranne che per una parola: John ha la copia dove la parola X è sostituita con la parola Y, Dave ha la copia dove la parola X è sostituita con la parola Z. Così, se qualcuno fa filtrare una copia di questo documento segreto, la CIA va a vedere quale copia è uscita: quella con la parola Z al posto di X? Allora è Dave il funzionario infedele da punire. E’ un sistema, questo, che rende ciascuna copia assolutamente unica e ciascun custode del documento "schedato". Ma è un sistema costosissimo, che nessuno può permettersi.

Quindi non avete mai avuto problemi con le fonti?

Mai. Abbiamo un fortissimo sistema di protezione. Se qualcuno ci invia un documento che è legalmente protetto dal segreto in Italia, quella protezione della legge vale a Roma, ma non in Svezia. Tutti i pacchetti internet in cui il file di invio del documento è scomposto vengono spediti tramite router in paesi in cui quelle protezioni legali possono essere aggirate perché non valgono. Se ci denunciano in Italia, noi possiamo opporci alla denuncia in Svezia.

Perché parli della Svezia in particolare?

La Svezia ha le leggi più garantiste nel mondo a tutela delle fonti e dei giornalisti. E Wikileaks è stata creata in modo da avere un sistema che si appoggi a questi paesi più garantisti al mondo. Se tu ci invii qualcosa, quel documento va in Svezia, da lì viene dirottato sugli USA, poi in Belgio e ancora rimbalza in altri paesi, che sono tutti parte del nostro sistema di protezione delle fonti.

Ho visto che avete un progetto con l’Islanda: che roba è?

E’ una domanda complicata. Prima di tutto, l’Islanda è un paese piccolo, così ha una burocrazia molto più semplice che altri paesi, poi hanno una crisi tremenda, dovuta anche alla mancanza di trasparenza che ha permesso a funzionari di un certo tipo di cose nella totale mancanza di controllo. E quindi ormai in Islanda c’è un grande desiderio di trasparenza, di una stampa che possa indagare e scrivere liberamente.

 Poi l’Islanda ha un corpo di leggi molto limitato rispetto ad altre democrazie, tipo quella tedesca.  Se fai caso a tutte le leggi che vengono applicate quando c’è un problema con internet, ti rendi conto che finisci sempre nel campo delle interpretazioni, perché tutte le leggi sono state praticamente create molto prima di internet, e questo è un grande problema: non sono adatte alla società dell’informazione. L’idea è partire da un paese come l’Islanda che ha un piccolo insieme di leggi, per creare un sistema legislativo pensato e adatto alla società dell’era di internet.

Se prendiamo un guru della trasparenza come Steven Aftergood, ci rendiamo conto che non è a favore della pubblicazione indiscriminata di documenti segreti. Tu lo sei?

Assolutamente sì. Nessuno, nessun giornale, TV, radio può giudicare cosa è importante pubblicare per qualcun altro nel mondo e cosa non lo è. 

D’accordo,  ma ammetterai che ci sono documenti sensibili. E’ una buona idea divulgare segreti sulla struttura di una centrale nucleare, rendendola così vulnerabile a un attacco terroristico?  Potrebbe essere molto pericoloso pubblicare queste informazioni…
 
Certo. Mi spiego meglio: per ogni informazione di valore, c’è gente disposta a pagare, soprattutto se parliamo di informazioni relative alla security. I terroristi hanno soldi, possono comprarsi queste informazioni.

 La cosa migliore che puoi fare, quando ti ritrovi con qualcuno che, gratuitamente, senza guadagnarci assolutamente niente, ti passa certi documenti, è pubblicarli, in modo da dimostrare a tutti che c’è un buco nel sistema di protezione di queste informazioni. In questo modo finisce il mercato nero delle informazioni. E ti assicuro che il vero problema è il mercato nero, perché quando si sa che una certa cosa importante e segreta è filtrata illegalmente perché qualcuno ha sborsato dei soldi a un funzionario infedele, si corre un grande rischio. Quando, invece, il caso esplode perché un sito come Wikileaks pubblica quell’informazione segreta, allora si prende coscienza del gap nel sistema di protezione dei dati.

Quindi ti senti di agire responsabilmente pubblicando dati sensibili che potrebbero essere usati dai terroristi?

Sì. E la cosa notevole è che nessuno prima di noi di Wikileaks l’ha mai fatto.

Ti sei mai imbattuto in documenti per cui ti sei sentito combattuto tra la spinta a pubblicarli e la paura che potessero essere usati da qualcuno pericoloso?

Sì, ti faccio un esempio. Conosci gli IED? Gli  "Improvised Explosive Devices" [sono gli ordigni artigianali che fanno strage di sodlati americani in Iraq e in Afghanistan, ndr].

 C’è questo sistema che si chiama Warlock che permette di rilevare gli IED. Noi abbiamo pubblicato un manuale di Warlock e siamo stati condannati pubblicamente da tutti per averlo fatto. Questo è successo 2 anni fa circa.

Poi qualche settimana fa è venuto fuori che un anno e mezzo prima della nostra pubblicazione, i terroristi avevano già quelle informazioni perché le avevano comprate. Eppure per un anno e mezzo non si è saputo niente…Quando siamo usciti, a quel punto, l’esercito ha dovuto prendere atto del buco nel suo sistema di protezione del manuale, non ha potuto più nasconderlo.

Voglio farti un’ultima domanda. La domanda del diavolo: mettiti nei panni di uno che ha in mano informazioni esplosive, delicatissime, tipo quelle su Guantanamo. Perché un tipo così dovrebbe fidarsi di voi di Wikileaks? In fondo, lui che ne sa chi siete davvero?

Questo è vero, ma abbiamo una certa reputazione e credo che l’unica cosa che possiamo fare è difenderla e dimostrare che noi pubblichiamo tutti: documenti dall’Inghilterra, dagli USA, dalla Palestina, da Israele. Tutto . Noi siamo neutrali e questa è un’altra ragione per cui non selezioniamo nulla, non diciamo: questo lo pubblichiamo e questo no.

Mi fai questa domanda, ma a te, che sei giornalista, io potrei fartene una analoga: come possono essere sicuri i tuoi lettori che dietro a te non ci siano altri? Che non sei sul libro paga di un’azienda  o della polizia? Non si può mai sapere. E il solo strumento che hanno in mano i tuoi lettori è la fiducia e lo spirito critico: osservare cosa scrive un giornalista, come si comporta, se difende certi interessi commerciali. Noi di Wikileaks non abbiamo alcun interesse commerciale.

Come vi finanziate?

Lavoriamo su base volontaria: io non prendo una lira, nessuno viene pagato.

E qual’è la vostra esperienza con i giornalisti dei grandi media?

Positiva. Assolutamente.

 

 

Radio Radicale ha intervistato NOI e Guido Olimpio del CORRIERE DELLA SERA su Wikileaks.

Qui potete ascoltare l’intervista (la nostra ha un pessimo audio perché eravamo in giro, e le interviste al cellulare vengono malissimo  ):

 

rtsp://video-1.radioradicale.it/store-4/2010/20100726_20.43.49.mp3

 

 

Troviamo surreale la protesta dei vertici militari americani contro i documenti segreti sull’Afghanistan fatti filtrare da WIKILEAKS in collaborazione con il NEW YORK TIMES, il THE GUARDIAN e il settimanale tedesco SPIEGEL.

"Mettono a rischio vite umane", dicono gli americani. Beh, detto da loro suona un po’ grottesco, no?

Comunque, una cosa è vera: si può essere d’accordo o meno sulla pubblicazione di materiale coperto da segreto di stato. Ma WIKILEAKS è una risposta a quello che sta succedendo nelle grandi democrazie occidentali.

L’accesso alle informazioni è soffocato da una segretezza assurda, che ogni anno costa miliardi di dollari alla collettività. Per fare cosa poi? Per proteggere segreti degni di questo nome o per proteggere porcherie come quelle dei nostri 007 finiti  in tutte le cricche possibili e immaginabili?

Quando poi finalmente noi giornalisti arriviamo a coprire un caso scottante, siamo sotto la continua minaccia di querele devastanti, capaci di mettere in ginocchio anche i giornali più grandi.

L’Italia rischia di approvare legge micidiali sulle intercettazioni (ora siamo all’udienza filtro – sempre queste minchie di filtro!- in cui gli avvocati decideranno per noi tutti cosa è pubblicabile e cosa non lo è) e sul segreto di stato, che rischia di diventare un segreto infinito: sine die.

Passeranno queste regole liberticide? Certo che passeranno. Però, vedete, il problema non è far passare queste leggi, il problema è difenderle e farle diventare operative. Il bavaglio o bavaglino passerà. Il segreto di stato sine die passerà. Ma non reggeranno.

Quando la tecnica vi dà il potere di bypassare il bavaglio o i segreti di stato, i politici che li difendono diventano patetici.  L’imperativo tecnologico vince.

 

Il nuovo colpaccio di WIKILEAKS, che ha diffuso 92mila documenti segreti sull’Afghanistan, facendo imbestialire di nuovo il Pentagono  :

http://www.spiegel.de/international/world/0,1518,708314,00.html

Vi abbiamo raccontato molte volte che, FINORA, noi abbiamo un’esperienza MOLTO positiva con loro di WIKILEAKS.

Questo il nostro lavoro pubblicato su L’ESPRESSO sul fondatore di WIKILEAKS, Julian Assange, e sulla sua creatura WIKILEAKS:

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/contro-il-bavaglio-fate-come-me/2130295

 

 

 

Oggi IL FATTO QUOTIDIANO riporta che  "a Falluja, in Iraq – teatro, nel 2004, di due offensive dei marines americani – la percentuale di tumori è cresciuta di 4 volte, quella di cancro nei bambini di 12 volte, quella di leucemia di 38 volte, la mortalità infantile è di 80 bambini su 1.000 nascite (contro i 17 nella confinante Giordania e 9,7 in Kuwait), le malformazioni infantili sono in costante aumento (una bimba è nata con due teste, altri con gli arti malformati o paralizzati). Solo per fare un paragone, a Hiroshima la percentuale di leucemia salì di 17 volte dopo il bombardamento nucleare."

http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/07/24/il-massacro-di-falluja-ha-avuto-conseguenza-peggiori-anche-di-hiroshima/43745/

L’articolo del FATTO è stato preceduto da questo servizio impressionante della BBC su Falluja:

http://www.bbc.co.uk/news/world-middle-east-10721562

Speriamo che queste immagini agghiaccianti della BBC turbino il sonno di Christian Rocca, oggi giornalista del SOLE 24 ORE ma fino a poco tempo fa noto falco del FOGLIO di Giuliano Ferrara (quello che difende l’embrione di 3 cellule, ma che supporta torture e crimini di guerra) . Rocca, infatti, ha celebrato i boia americani dell’operazione Falluja.

Comunque, da giornalisti esperti della materia, vogliamo smontare la CAZZATA per cui gli effetti dei bombardamenti su Falluja sarebbero peggiori di quelli del bombardamento atomico di Hiroshima.

Bisogna aver studiato le carte per sapere di cosa si parla. Bisogna essere andati a Hiroshima, in mezzo agli hibakusha, per sapere di cosa stiamo parlando.

Gli effetti di un bombardamento nucleare sono NON CONFRONTABILI con quelli di qualsiasi altro tipo di bombardamento, neppure il peggiore bombardamento chimico ha effetti paragonabili con quello nucleare, perché dalle armi chimiche ci si può anche difendere con misure adeguate, mentre da quelle nucleari non c’è scampo. Non ci sono maschere o tute che tengano davvero alle radiazioni. Non c’è vento che le renda meno letali, come succede con le armi chimiche o biologiche.

Non a caso, prima del caso Saddam le armi chimiche e biologiche non erano considerate armi di distruzione di massa. Erano "solo" armi non convenzionali proibite dalle convenzioni internazionali, perché avevano effetti indiscriminati sulle truppe e sulle popolazioni civili. Ma non erano WMD, "weapons of mass destruction", ovvero armi capaci di sterminare intere popolazioni con certezza assoluta. 

Con le armi chimiche e biologiche, infatti,  la certezza assoluta dello sterminio di massa non c’è, perché la loro letalità è FORTEMENTE condizionata da tanti fattori, tipo le condizioni atmosferiche o il modo in cui l’agente chimico o biologico è disperso o dalla preparazione delle popolazioni, che possono adottare misure di protezione per contrastare l’attacco e limitarne i danni.  

E’ con l’Iraq di Saddam che le cose cambiano: la comunità internazionale e gli esperti di armamenti decidono che, WMD o no, un dittatore come Saddam non deve mettere le mani su armi come quelle chimiche, biologiche e nucleari. Viene così allargata la categoria WMD fino a includere le 3 tipologie di armamenti proprio per fermare (giustamente!) Saddam.

Venendo all’impennata di malattie e difetti genetici di Falluja, perché il medico citato dal FATTO e dalla BBC sostiene che gli effetti sono peggiori di quelli di Hiroshima?

Noi abbiamo una risposta: chi parla di Hiroshima, spesso, non sa che gli effetti del bombardamento sulla popolazione sono ASSOLUTAMENTE SOTTOSTIMATI, perché gli americani non raccolsero i dati sulla RADIAZIONE PRIMARIA,  quella micidiale (annunciata dal lampo accecante) e che viene emessa nei primi  60 secondi dopo l’esplosione.

Non solo: gli americani si presero tutti i dati sugli hibakusha ( i sopravvissuti alla bomba),  e nessuno sa come questi dati li abbiano trattati dal punto di vista scientifico. Solo nel 1961 i giapponesi hanno potuto riaverli, ma ormai erano passati troppi anni per ricostruire a fondo tutto.

Quando nel 2008 siamo andati a Hiroshima e Nagasaki su invito dei sopravvissuti alla bomba, che hanno curato la traduzione e la pubblicazione in Giappone del nostro libro "Una bomba, dieci storie",

http://www.stefaniamaurizi.it/Libri/libro_giappone.html

ci siamo commossi a sentire i racconti degli hibakusha, che ci spiegavano come gli americani, dopo il bombardamento, non vollero dare PER MESI E MESI alcun trattamento medico ai sopravvissuti: volevano solo studiarli come cavie del primo bombardamento atomico della storia.

Quello che gli yankee volevano capire erano gli effetti della guerra nucleare (che avrebbe dominato tutto il periodo della Guerra fredda)  e volevano studiare questi effetti attraverso le cavie umane di Hiroshima e Nagasaki nel segreto più assoluto, senza permettere a nessun altro di mettere il naso nei dati medici dei sopravvissuti.

A Nagasaki, abbiamo incontrato il dottor Hida, un 90enne che ha curato 10MILA hibakusha, era a pochi Km quando la bomba scoppiò e sentire i suoi racconti è stata un’esperienza unica.

Ogni anno muoiono 10mila hibakusha. Presto non ci sarà più nessuno a raccontare la loro storia. E l’operazione rimozione va avanti alla grande: non solo IL FATTO QUOTIDIANO, ma neppure la BBC ha nulla da obiettare a chi dice che Falluja è stata peggio di Hiroshima.

 

Ricordate il caso della multinazionale di trading petrolifero TRAFIGURA, finita anche nello scandalo OIL FOR FOOD, accusata di aver esportato illegalmente rifiuti tossici scaricati in Costa D’Avorio che avrebbero fatto ammalare centinaia di migliaia di bambini e adulti?

http://news.bbc.co.uk/2/hi/programmes/newsnight/7473796.stm

La BBC e il Guardian si erano azzardati a rivelare lo scandalo e si erano ritrovati addosso i legali di uno degli studi di avvocati più temibili per i giornalisti che devono affrontare le querele.

Poi era intervenuta anche WIKILEAKS, che aveva pubblicato un report segreto su Trafigura.

Oggi la BBC annuncia finalmente la buona notizia:

un tribunale olandese ha dichiarato colpevole TRAFIGURA per aver esportato illegalmente rifiuti tossici da Amsterdam e per aver nascosto la natura del carico.

Trovate qui l’articolo:

http://www.bbc.co.uk/news/world-africa-10735255

Giustizia è fatta! Almeno in primo grado…

 

Oggi Flavio Haver del CORRIERE DELLA SERA racconta che la "relazione della Commissione Granata sul segreto di Stato consegnata al Copasir prospetta la possibilità di prolungare sine die la «copertura » degli archivi degli 007 di cui molti attendono invece la scadenza per leggere i documenti riservati sulle stragi che hanno insanguinato l’Italia":

http://www.corriere.it/cronache/10_luglio_23/Archivi-degli-007-la-commissione-allunga-il-segreto-di-Stato_413d586c-9622-11df-852a-00144f02aabe.shtml

Che noi sappiamo, non esiste democrazia al mondo in cui il segreto di stato possa essere prolungato all’infinito. Sarebbe una situazione da Pyongyang.

Da giornalisti esperti di traffici strategici, abbiamo toccato con mano cosa significa il segreto di stato.

Noi ci siamo ridotti a dover chiedere agli americani i documenti sulla collaborazione Italia-Saddam…

E quando abbiamo provato a chiedere documenti  su certi traffici, ci siamo trovati di fronte il solito burocrate italiano, sfavato a 1000 perché il suo ufficio era al solito senza mezzi, senza database, senza toner per la fotocopiatrice. "C’è il segreto di stato", ci ha detto, " ma soprattutto  chissà se quei documenti esistono ancora: gli archivi sono stati trasferiti per un problema e Dio solo sa se le carte ci sono tutte".

Una vergogna.

Usciti da quel palazzo, ci siamo ritrovati a tifare per gente come WIKILEAKS. Loro sono convinti che non esista segreto che vada tutelato e della rivelazione dei documenti top secret ne hanno fatto una missione.

Last but not least: prolungare sine die la "copertura" degli archivi degli 007 significa mettere una pietra tombale sulla possibilità di un controllo democratico dell’operato dell’intelligence italiana.

Gli scandali degli ultimi anni ci hanno consegnato uno spaccato da brivido dei nostri 007.

Nessuno vuole criminalizzare un’intera categoria: c’è il delinquente che usa la copertura da agente segreto per farsi i fatti propri alla grande e c’è un servitore dello stato che arriva a servire la comunità fino al sacrificio estremo della vita, come ha fatto Calipari.

Mettere tutti sullo stesso piano è inaccettabile. Ma è inaccettabile anche dare la licenza del "fate come cazzo vi pare" agli 007, al di fuori di qualsiasi controllo democratico da parte della stampa e del parlamento.

 

Ricordate la nostra inchiesta per L’ESPRESSO sull’accordo tra Berlusconi e la Russia di Putin per lo smantellamento dei sottomarini nucleari?

La trovate qui:

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/i-sottomarini-del-tesoro/2126342

Gianni Farina, deputato del PD, ha appena presentato un’interrogazione parlamentare sulle vicende descritte nella nostra inchiesta.

Vi riportiamo l’interrogazione di Farina qui sotto:

Interrogazione al Ministero dello Sviluppo economico, al Ministero dell’economia e delle finanze.

Sogin-Ansaldo:
quale intreccio di interessi nella gestione dell’accordo Italo-russo del 2005 per lo smantellamento dei sommergibili nucleari dismessi dalla marina militare russa.

In seguito al recente decreto-legge del 31 maggio 2010 “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria”, che all’articolo 7 (comma 23) riporta di fatto la società Sogin*  nell’alveo di una gestione ordinaria, dopo il commissariamento della legge 23 luglio 2009, ho ritenuto di porre all’attenzione politica l’accordo italo-russo del 2005 per lo smantellamento dei sommergibili nucleari dismessi dalla marina militare russa.

Già oggetto di un servizio del Corriere della Sera del 31 ottobre 2005, “Le strane spese della Sogin”, a cura di Gian Antonio Stella, il 6 maggio scorso L’Espresso, con un servizio di Stefania Maurizi “I sottomarini del tesoro”, ha riportato prepotentemente alla ribalta la gestione dei 360 milioni di euro messi a disposizione dal governo italiano nell’arco di 10 anni, destinati a finanziare una serie di progetti e di attività elencate sommariamente all’articolo 2 della legge n. 160 del 31 luglio 2005, con la quale è stato ratificato l’accordo italo-russo. L’inchiesta della giornalista chiama in causa altre due società, l’Ansaldo, la società industriale ligure, finita recentemente nell’orbita di Finmeccanica, e Fincantieri.

“Il progetto più importante dell’accordo – affermo nell’interrogazione – è la realizzazione dell’impianto di trattamento e stoccaggio dei rifiuti radioattivi solidi e liquidi nella penisola di Kola, precisamente nella località di Andreeva Bay”. “La società prescelta per la progettazione e la realizzazione dell’impianto è stata Ansaldo nucleare, che ha designato Sogin come subappaltatrice per le attività riguardanti il deposito di stoccaggio dei rifiuti radioattivi”.

Io esprimo le mie perplessità e chiedo al Ministro spiegazioni sul ruolo di Sogin che, “pur vestendo nel caso specifico il ruolo di subappaltatore di Ansaldo, ha nella sostanza, il potere che le deriva dall’essere in Italia il principale committente di Ansaldo e artefice di larga parte del fatturato della stessa Ansaldo”.

L’intreccio di interessi tra Sogin e Ansaldo emerge considerando che una parte del lavoro in Russia a Sogin possa essere “influenzata dal fatto che gran parte del fatturato di Ansaldo nucleare in Italia è dovuto a commesse di Sogin”.

Infine, nell’interrogazione chiedo al Ministero dello Sviluppo economico e al Ministero dell’economia e delle finanze, se non “ritenga doveroso dare conto di tutta la gestione dell’accordo, a decorrere dal 2005 ad oggi”.

On. Gianni Farina