Scudo spaziale: perché Putin e Bush si accedono per un’arma che non funziona
di Stefania Maurizi
Pubblicato sul Venerdì di Repubblica del 12 settembre 2008
Tre sono le ossessioni di un vero repubblicano a stelle e strisce: l’aborto, le tasse e lo scudo missilistico. E l’accordo di queste settimane tra Usa e Polonia, per il dispiegamento in territorio polacco di una parte del controverso scudo, è un messaggio chiaro al mondo: l’America di Bush e dei repubblicani non rinuncerà al sogno di Ronald Reagan e non permetterà che una possibile vittoria di Obama, a novembre, sprofondi per l’ennesima volta il progetto a semplice programma di ricerca militare. E’ anche per questo che i falchi di Washington hanno premuto sull’acceleratore per l’accordo coi polacchi: se i democratici vinceranno le elezioni, se lo ritroveranno come un fatto compiuto, a cui sarà difficile dire no. L’annuncio dell’intesa, arrivato nel bel mezzo del gravissimo conflitto tra Russia e Georgia, non ha fatto che peggiorare la crisi, al punto che Mosca ha risposto immediatamente con un test missilistico e con un avvertimento: “Abbiamo testate in grado di bucare lo scudo”. Insomma, una risposta da Guerra fredda. E del resto, la tecnologia antimissile, che gli americani piazzeranno in Polonia e nella Repubblica Ceca, è figlia della Guerra fredda. Fu l’icona della destra americana, Ronald Reagan, a sognare uno scudo in grado di difendere gli Usa dai missili nucleari dell’Unione Sovietica. Era il 1983. Da allora è passato un quarto di secolo, l’Impero del male è collassato e il mondo è cambiato radicalmente, ma il progetto, pur completamente rivisto e corretto, rimane una vera e propria ossessione per i repubblicani. Perché? E almeno funziona? Tre insider dei circoli di Washington raccontano al Venerdì la corsa allo scudo.
“Il sistema proposto per la Polonia e per la Repubblica Ceca non sta né in cielo né in terra, non è mai stato testato e non ha capacità provate di difendere l’Europa o gli USA in situazioni realistiche”, attacca subito Philip Coyle, “è un sistema che ci sta causando enormi problemi con la Russia e tutto questo per niente”. Esperto eminente di tecnologie militari, dal ’94 al 2001 Coyle ha diretto la divisione del Pentagono che si occupa di testare le armi e oggi è consigliere del prestigioso Center for Defense Information di Washington. Coyle racconta che pur di giustificare la necessità di uno scudo missilistico, l’Agenzia del governo Usa che ne gestisce lo sviluppo è arrivata a individuare una lista di 20 potenze i cui missili costituirebbero un minaccia per l’America. Iran e Corea del Nord sono ovviamente in testa alla classifica. E fin qui niente di nuovo. Ma quello che lascia interdetti è che tra i 20 ‘nemici’ siano stati inclusi alleati fedelissimi degli Stati Uniti, come Israele! La minaccia, insomma, è stata spudoratamente gonfiata, fino al ridicolo. Ma la cosa che Philip Coyle non riesce proprio a tollerare è che ormai l’intero processo di decisione alla base della costruzione dello scudo è completamente irrazionale. E il sistema proposto per la Polonia è un esempio di questa irrazionalità dilagante. “Ai polacchi”, spiega Coyle, “gli Usa hanno offerto una batteria di missili Patriot. I Patriot, però, funzionano contro i missili nemici a corto raggio, non contro quelli a lungo raggio, che potrebbero arrivare dall’Iran. E quale potrebbe essere una minaccia a corto raggio per la Polonia? La Russia? Se il problema sono i russi, allora la scelta è comunque insensata: Mosca può battere anche la più futuristica difesa antimissile che i polacchi possono concepire”. Coyle chiude con un affondo: “non conosco un solo esperto indipendente che supporti lo scudo missilistico”. Anche Richard Garwin ce lo ripete. E se lo dice lui, c’è da credergli. Garwin è probabilmente il più grande esperto di armamenti e tecnologia militare in circolazione e, in questa veste, ha consigliato praticamente tutte le amministrazioni, sia repubblicane che democratiche, da Kennedy a Clinton. Ha anche passato la vita all’interno di una delle più misteriose e controverse élite americane: i Jason, un gruppo di una quarantina di cervelli eccezionalmente brillanti – alcuni dei più brillanti di questo pianeta – dalle identità in gran parte sconosciute e che, dal Vietnam all’Iraq, hanno consigliato (e consigliano) il governo Usa in tema di tecnologie strategiche. Garwin liquida con una frase gli enormi problemi tecnici dello scudo: “il sistema funziona solo ed esclusivamente se stati come l’Iran non prenderanno contromisure per aggirarlo, poiché però le contromisure esistono e sono facilmente accessibili, sarà un fallimento”.
Ma se i grandi esperti indipendenti concordano che, tecnicamente, sarà un fallimento, perché Bush e i repubblicani insistono? “Per ideologia”, spiega Lawrence Korb, ex assistente del Segretario alla Difesa durante l’amministrazione Reagan ed oggi studioso dell’influente think tank progressista Center for American Progress di Washington. Korb racconta che solo i repubblicani duri e puri sostengono il programma di difesa missilistica: “Per loro è un test di fedeltà all’eredità di Reagan”, ci spiega. Korb descrive lo scudo come la risposta della destra americana a un mondo complesso, che richiederebbe un serio impegno diplomatico per risolvere i conflitti tra potenze. Ma poiché i repubblicani vedono le trattative, la diplomazia e l’impegno multilaterale come il fumo negli occhi, cercano soluzioni nella tecnologia. E del resto perché trattare e fare concessioni ad Ahmadinejad o a Putin, se uno scudo potesse veramente azzerare la minaccia dell’Iran o della Russia? Ma il problema è davvero solo ideologico? Philip Coyle ha lavorato abbastanza al Pentagono da conoscere anche troppo bene quel complesso militare-industriale, che vive di guerre, conflitti continui e spese militari folli. “Lo scudo missilistico è il programma di difesa più costoso della storia”, spiega, “dal 1983 ad oggi, gli Usa hanno speso almeno 120 miliardi di dollari. Per i prossimi 5 anni, il Pentagono ha chiesto altri 62,5 miliardi: non si vede la fine”. Chi incasserà questa valanga di denaro? “Boeing, Raytheon, Lockheed Martin”, dice Coyle, “ma ci sono anche centinaia di aziende minori che lavorano al progetto.” E la Russia starà a guardare? La Russia ha delle buone ragioni per sentirsi minacciata, secondo Coyle: “se il sistema proposto per la Polonia funzionasse davvero contro i missili iraniani, allora funzionerebbe anche contro quelli russi diretti verso l’America. E questo è qualcosa che Mosca non può accettare. Un’altra cosa che preoccupa i russi è l’allargamento della Nato e la creazione di nuove basi americane in un territorio controllato in passato dall’URSS. Questo sistema antimissile richiederà tre nuove basi: una nella Repubblica Ceca e due in Polonia.” Garwin rincara la dose: “Mosca aveva offerto l’uso di un radar già esistente in Azerbaijan, se gli Stati Uniti fossero stati veramente preoccupati per i missili iraniani, avrebbero dovuto accettare”. Poi aggiunge: “Ci sono sicuramente personaggi di alto livello nel governo americano che vorrebbero agitare di nuovo la minaccia russa e la Russia ci mette del suo, con quello che sta facendo in Georgia”. Che conseguenze avrà questo scudo?, chiediamo infine a Coyle. “Il riarmo”, replica pronto, “non è un mondo più sicuro quello che si prepara”.