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Sì, lo sappiamo: abbiamo promesso di raccontarvi i segreti di Wikileaks. Dateci ancora qualche giorno e lo faremo.

Oggi, però, non resistiamo a una tentazione: ci è caduto l’occhio su un lungo articolo di Gian Micalessin del Giornale di Feltri e non riusciamo a lasciar perdere, perché l’argomento di cui parla Micalessin è il nostro campo di expertise e quindi possiamo capire come nascono certi articoli e dove vanno a parare.

http://www.ilgiornale.it/interni/ecco_litalia_che_non_fa_sconti_gheddafi/01-09-2010/articolo-id=470327-page=0-comments=1

Consentiteci una digressione, per capire il tutto. E perdonateci in anticipo la lunghezza del post, ma quelle che andiamo ad affrontare sono cose molto complesse.

Sapete che in questi ultimi 5 anni, tra un articolo e un altro, portiamo avanti un’inchiesta sui traffici strategici che legano il nostro paese a dittature come Libia, Iran, Iraq: paesi da cui dipendiamo per il petrolio, ma non solo: anche per scelte geopolitiche che modellano la politica italiana in un’area cruciale come il Mediterraneo.

5 anni fa, quando ci siamo imbarcati in questa inchiesta, sapevamo benissimo che era un lavoro difficile e delicato, eravamo anche preparati a incontrare gente con cui non era il caso di  andare a cena, cosa che è puntualmente successa….Avevamo un unico principio su cui non eravamo ( e non siamo) disposti a mediare: mai con gli spioni! Mai abbeverarsi alle loro veline, inverificabili e manipolatorie. L’unico di modo di rapportarsi ai servizi, secondo noi, è quello di non rapportarsi affatto a loro. 

Nel condurre la nostra inchiesta abbiamo incontrato anche tanta gente perbene e di grandissimo fascino. Uno di questi è David Albright, uno dei più grandi esperti al mondo di nucleare: l’esperto rigoroso che provò a far ragionare la giornalista del New York Times, Judith Miller, quando la Miller pubblicò la bufala sulle armi di distruzione di massa di Saddam, che fece scoppiare la guerra nel 2003.

Albright ha appena pubblicato un libro sui traffici strategici:

http://www.foreignpolicy.com/articles/2010/03/17/peddling_peril

In questo libro viene citata un’intervista: quella che noi abbiamo fatto nel 2008 al famigerato Abdul Qader Khan, l’ingegnere nucleare pakistano che ha reso possibile l’atomica pakistana e  che ha venduto clandestinamente tecnologia nucleare a tutti: dalla Libia di Gheddafi all’Iran degli ayatollah alla Corea del Nord.

L’intervista a A.Q. Khan fu pubblicata da L’ESPRESSO in esclusiva e fu il risultato di un lavoro durissimo: 4 anni di telefonate, contatti a vuoto, email esasperanti per braccare A.Q. Khan, che era blindato dai servizi segreti pakistani…

 http://espresso.repubblica.it/dettaglio/cosi-ho-venduto-la-bomba/2030375

Vi raccontiamo tutte queste cose NON per fare la ruota, ma per farvi capire quanto è dannatamente difficile occuparsi di queste tematiche in modo del tutto indipendente, senza volere avere minimamente a che fare con le veline dei servizi segreti di alcun paese. E ve lo raccontiamo perché tutto ciò ha a che fare con l’articolo del Giornale da cui siamo partiti.

Oggi, dopo tante polemiche sul circo di Gheddafi a Roma, Gian Micalessin vuole dimostrare che l’Italia di Berlusconi non fa sconti alla Libia del Colonnello e che, scrive Micalessin, "C’è un’Italia protagonista delle operazioni d’intelligence che mettono Gheddafi con le spalle al muro, costringendolo a venire a patti con l’Occidente e a rinunciare alle sue ambizioni nucleari. Un’Italia irreprensibile a differenza di altri sul piano del diritto nazionale e internazionale".

 E allora, che ti scova il Micalessin per difendere la strana coppia Cavaliere-Colonnello? Tira fuori una storia complessissima: una grandissima operazione d’intelligence del 2003, che permise di stoppare in extremis le centrifughe vendute clandestinamente alla Libia di Gheddafi dalla famigerata rete di Khan.

"Altro che ‘Disneyland privata’ del Raìs", sottotitola il Giornale di Feltri, " nel 2003 il Sismi guidò una missione internazionale di intelligence che svelò il piano di Tripoli di dotarsi di armi nucleari. Smascherato, il leader libico dovette rinunciare alla bomba atomica

Il Sismi guidò la missione internazionale di intelligence del 2003? E’ una delle più grosse sparate che abbiamo mai sentito…

quella del 2003 fu un’operazione dannatamente complicata. Richiese il coordinamento dei servizi segreti di mezzo mondo. E fu il frutto di almeno 10 anni di lavoro: la rete di Khan fu infiltrata usando gente come gli svizzeri Tinners (un enigma umano…). L’operazione è ancora avvolta nel mistero assoluto, anche perché gli Stati Uniti hanno preteso la distruzione tramite polverizzazione (!) dei file riguardanti i Tinners.

Nessuno al mondo sa con certezza come sia andata veramente quell’operazione. Ora, però, arriva il Micalessin e racconta: una soffiata del Sismi fu decisiva per stroncare quel traffico di centrifughe verso la Libia. Grazie a quella soffiata, le ambizioni nucleari di Gheddafi furono stroncate per sempre e il Colonnello passò da "mad dog" di reaganiana memoria a leader riammesso nell’arena internazionale.

E’ vero quello che scrive Micalessin sulla soffiata del Sismi?  Boh. Come si verifica? Boh.

Noi portiamo la nostra esperienza: nel condurre la nostra inchiesta, abbiamo interpellato doganieri, magistrati, grandi esperti, abbiamo chiesto le carte della rogatoria internazionale dalla Svizzera verso l’Italia per far luce sul ruolo del nostro Sismi. Niente. Anche perché le carte della rogatoria sono state polverizzate per volere degli USA.

 A Vienna, però, nei corridoi ovattatissimi dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, abbiamo raccolto una confidenza: Gheddafi sapeva dell’operazione d’intelligence, che era stata concordata con lui per chiudere le danze della rete di Khan….

 

Da non perdere questo breve video che ricostruisce il filo dei misteri che lega il rilascio del terrorista libico responsabile della strage di Lockebie alla marea nera. Al centro una delle Sette Sorelle, come avrebbe detto Enrico Mattei: la BP

 http://video.corriere.it/?vxSiteId=404a0ad6-6216-4e10-abfe-f4f6959487fd&vxChannel=Voci dal vicino Oriente&vxClipId=2524_278a6aac-932c-11df-a33b-00144f02aabe&vxBitrate=300

 

Volevamo occuparci dei manganelli d’inchiostro di Vittorio Feltri, dopo la schifosa aggressione squadrista al direttore di Avvenire, Dino Boffo.

Ma quello che sta succedendo in Libia è un’occasione troppo ghiotta.

Un governo alla canna del gas  ha deciso di aiutare il Colonnello a celebrare in pompa magna 40 anni di dittatura in Libia: bello, no? Un vanto per dei campioni dei diritti umani…

La celebrazione in pompa magna prevede, tra le altre cose,  l’esibizione delle Frecce Tricolori.

In un’intervista con smile a 44 denti, il ministro della Difesa Ignazio La Russa ("Ignazietto"  come lo chiama Cossiga) spiega che le Frecce Tricolori sono un simbolo del "Made in Italy", sì proprio così, manco fossero un paio di scarpe marchigiane da rifilare a prezzi da strozzo ai nababbi del petrolio.

Arrivati a Tripoli, però, il vulcanico Colonnello pretende ben altra esibizione dalle Frecce Tricolori: niente fumata tricolore.

http://www.corriere.it/cronache/09_settembre_01/italiani_fumo_frecce_tricolori_eb6b1f6a-96b7-11de-864c-00144f02aabc.shtml

Gheddafi vuole una fumata verde, colore simbolo del suo regime. Fantastico, no?

 

"C’è un governo affamato d’armi. Cerca arsenali perché si sente debole dopo quarant’anni di regime e teme le rivolte popolari. E vuole montagne di mitragliatori per proseguire la sua spregiudicata politica di potenza che negli scorsi decenni ha contribuito a riempire l’Africa di guerre civili. Questa è la Libia che si materializza negli atti della più sconvolgente inchiesta sul traffico d’armi realizzata in Italia"

Trovate qui la nostra ultima inchiesta per L’ESPRESSO, condotta con Gianluca Di Feo:

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/doppio-gioco/2107798//0

 

 PS: per un errore dei grafici, domani l’inchiesta la troverete su L’ESPRESSO in edicola firmata da "Gianluca Di Feo e Stefania Mau", anziché "Stefania Maurizi"

Il mondo è radicalmente cambiato da quando il Colonnello era la bestia nera degli americani. E’ cambiato completamente. E non solo perché, nel frattempo, la war on terror ha rimescolato le carte.

Dietro la decisione americana di sdoganare Gheddafi e farlo uscire dall’isolamento del leader paria, ci sono tanti fattori. Ce n’è anche uno poco citato: nel 2003, Gheddafi ha mollato un osso decisivo: il suo programma nucleare clandestino.

Per metterlo in piedi, il Colonnello si era abbeverato alla stessa sorgente dell’Iran e della Corea del Nord: la rete di A. Q.Khan, il più controverso ingegnere nucleare della storia, che ha trasformato un paese del terzo mondo, come il Pakistan, in una potenza nucleare e poi ha venduto clandestinamente la tecnologia della bomba a chiunque fosse disposto a pagarla abbastanza.

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/Cosi-ho-venduto-la-bomba/2030375/11

La notte del 4 ottobre 2003, però, Gheddafi fu beccato con le mani nel sacco: una nave (BBC China) fu bloccata in extremis nel porto italiano di Taranto. Trasportava pezzi di centrifughe di arricchimento dell’uranio, clandestinamente vendute dalla rete di Khan alla Libia.

In qualche modo, l’intelligence angloamericana riuscì a dirottare la nave su un porto di un paese amico: l’Italia. La BBC China fu bloccata, il materiale venne sequestrato e partì un’indagine su 5 continenti, che portò a scoprire (in parte…) le trame della rete di Khan e a mettere, tra gli altri,  Gheddafi con le spalle al muro.

Nelle faccende nucleari, l’Italia ha sempre avuto un ruolo marginale, ma non in questo caso. In questo caso, il nostro Sismi, allora diretto dal Generale Pollari, giocò una partita affatto marginale, una partita avvolta nel segreto più totale, of course.

Le domande per Pollari sarebbero tante… ci siamo sforzati di ridurle a 5:
 

1) Che cosa successe esattamente la notte del 4 ottobre 2003 nel porto di Taranto?

2) L’indagine della polizia malese sul traffico di centrifughe destinate alla Libia conclude che: "le macchine per i laboratori furono fornite dalla Spagna e dall’Italia". E’ vero? Se sì, chi sono le aziende coinvolte e cosa hanno venduto?

3) Qual è stato il ruolo del suo Sismi nella storia dei "doppiogiochisti" Urs e Marco Tinner, sotto indagine in Svizzera per i fatti della BBC China? ( vendevano clandestinamente tecnologia alla rete di Khan e contemporaneamente erano stati arruolati dalla Cia)

4) Perché i documenti ottenuti dall’Italia, tramite rogatoria internazionale del magistrato svizzero che indaga sui Tinner, sono stati distrutti su ordine della CIA, insieme con altri documenti in mano alla Svizzera sul caso in questione?

5) Perché nel 2005, una delegazione di investigatori dell’Iaea di Vienna, con a capo Kenji Murakami, direttore del settore Europa del Dipartimento Safeguards dell’Iaea, è venuto in Italia per un’indagine sul centro nucleare della Casaccia, nell’ambito dell’inchiesta sulla rete di A.Q. Khan? Cosa c’era di tanto importante da scomodare il capo della sezione Europa degli ispettori Iaea?

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Il libico Abdelbaset Ali al-Megrahi, condannato nel Regno Unito per la strage di Lockerbie, è stato rilasciato ieri dalle autorità inglesi per ragioni umanitarie. Al-Megrahi è malato terminale di cancro e, a quanto pare, gli inglesi hanno ritenuto giusto permettergli di passare gli ultimi giorni della sua vita fuori da un carcere.

Solo per ricordare: la strage di Lockerbie è del 1988. Sopra la cittadina scozzese di Lockerbie, esplose un aereo della Pan Am su cui era stata piazzata una bomba. Morirono 270 persone.

Dopo regolare processo, Al-Megrahi è stato condannato all’ergastolo per la strage e dal 2001 era in prigione.

Sulla responsabilità della strage, rimangono molte ombre, MOLTE… ben evidenziate in questo articolo della BBC, che vi consigliamo: 

http://news.bbc.co.uk/2/hi/uk_news/scotland/8211596.stm

Come in tutte le indagini e i processi, ci saranno stati buchi, errori, casini. E sicuramente l’Inghilterra avrà motivi molto meno nobili che "le ragioni umanitarie" per scarcerare uno come al-Megrahi. Nessuna illusione: in gioco ci saranno partite che non conosciamo e non conosceremo mai.

Possiamo immaginare tutti i buchi della giustizia e le partite segrete dietro al caso. Ma il punto non è questo. E il punto non è neanche la scelta di liberare un terrorista condannato per avere squartato a sangue freddo 270 innocenti. Da sostenitori sfegatati dei diritti umani, riteniamo che anche un mostro abbia diritto a essere trattato in modo umano.

Il punto è la reazione della Libia alla scarcerazione: l’hanno accolto come un eroe. Guardate il video della BBC:

http://news.bbc.co.uk/2/hi/africa/8213253.stm

Di questo fatto, in Italia leggerete 3 righe, se tutto va bene. Dipendiamo in modo drammatico dal petrolio libico, come da quello iraniano, come dal gas russo: non lascia senza fiato il fatto che nessuno, in Italia, si occupi seriamente di quello che combina gente come Gheddafi, Ahmadinejad o Putin? Degli affaracci che il nostro paese avrà sicuramente in piedi in certe aree del mondo?

Racconta un importante sito di difesa dei diritti umani che la madre della giornalista iraniana Hengameh Shahidi è riuscita ad andare a trovarla in carcere: la figlia le ha raccontato l’orrore dello scannatoio di Evin: farmaci antipsicotici per alterare la percezione del sé e indurre confessioni, trattamenti disumani.

Abas Bigdeli, Reza Rastegar and Majid Moghayemi. Tre iraniani imprigionati a Evin che, racconta sempre lo stesso sito, mostravano evidenti segni di tortura durante una ricognizione dei parlamentari in prigione, sono spariti da Evin: dove  sono finiti?

I nostri diplomatici a Teheran non si accorgono di niente? Il ministro Frattini dov’è? Qualcuno ha forse minacciato di tagliare l’interscambio commerciale Italia-Iran, che è ormai un quarto di tutto quello europeo?

Tornando alla Libia, parliamo della nostra esperienza semplicemente perché è l’unica abbiamo: il 5 giugno, appena 5 giorni prima del trionfale arrivo di Gheddafi a Roma, abbiamo pubblicato sul Venerdì di Repubblica un articolo sulla morte misteriosa del più importante dissidente libico: Fathi el-Jahmi.

Era un articolo normale: niente di esplosivo. Lo trovate qui:

http://www.stefaniamaurizi.it/Articoli_e_reportage/tra_gheddafi_e_berlusconi_un_dissidente_morto.html

Non abbiamo fatto in tempo a pubblicarlo, che in redazione ci è arrivata una stranissima lettera. Il contenuto era delirante: nessuna minaccia, ma il "mittente" era stato scelto con scopo chiaramente intimidatorio. Era firmata da qualcuno che si spacciava per Sebastiano Strangio: un killer sanguinario della ‘ndrangheta finito, per fortuna di tutti, in gabbia. Sulla busta c’era l’indirizzo del supercarcere di Sulmona, ma non veniva da lì, perché non c’era alcun timbro che certificasse che quella lettera fosse effettivamente uscita dal carcere. La busta la trovate sotto. 

Poche notti dopo, invece, ci è arrivata un’email da un sedicente fronte di liberazione della Libia, che faceva riferimento sempre all’articolo. Anche in questo caso, non veniva da un indirizzo email di quelli intestati al movimento, veniva da una di quelle mailbox che chiunque si può creare in rete. E, come nel caso della lettera,  non si capiva dove voleva andava a parare chi scriveva…

Puro delirio? Gente che non sa come passare le giornate? Possibilissimo. Di gente che non sa come fare notte e attacca a scrivere ai giornali ce n’è anche troppa… Oppure?

busta

mittente